Il Primo Re(2019)

Due fratelli, soli, nell’uno la forza dell’altro, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei.

Dal loro sangue nascerà una città, Roma, il più grande impero che la Storia ricordi.

Un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda.

 

NOTE DI REGIA

La leggenda di Romolo e Remo, pur lontanissima nel tempo, ha qualcosa di molto vicino a noi. È una materia solo apparentemente semplice, lineare, ma che racchiude in realtà un’enorme quantità di simboli e significati, che fondono l’origine della nostra civiltà con qualcosa di intimo e insieme complesso, ineffabile forse, ma che sicuramente guarda dentro tutti noi.

La prima difficoltà è che questo mito fondativo ( che si pensi a Livio, a Plutarco o a Ovidio) è una storia narrata molto tempo dopo. Un mito appunto, e l’etimologia di mito, mythos, significa in primo luogo racconto, non la storia dunque, ma un racconto costruito ex post, donatore di senso per chi lo ha elaborato. Con gli sceneggiatori abbiamo quindi approfondito questa narrazione così antica, tentando di interrogarla, cercando gli elementi maggiormente ricorrenti: due fratelli gemelli, Albalonga, un tradimento, un cerchio sacro, un segno degli dei. Abbiamo studiato il racconto leggendario e il contesto, facendoci conquistare dallo strapotere della natura sulle esistenze umane: trenta o più tribù separate nel basso Lazio, e l’effetto dirompente di un uomo che porta una visione in grado di unificarle; una città che custodisce il fuoco, e il fuoco che incarna Dio. Così facendo il mito ha iniziato a muoversi sotto i nostri occhi, a interrogare dalla sua matrice più arcaica un nodo dell’Occidente, il nostro rapporto con il silenzio violento, inquietante, inquisitore di Dio. Siamo noi in grado, da soli, di reggere il peso delle nostre esistenze? Questo racconto apparentemente semplice ci ha ricondotto a un dilemma primario, viscerale: cosa prediligere nella vita, la sopravvivenza del nostro gemello, ovvero della parte più intima di noi, o la sottomissione a un potere più grande, poiché non tutto ci è dato di sapere? Le nostre vite ci appartengono fino in fondo? È amore o hybris quella che ci fa pensare di poter essere noi gli artifici del nostro destino? Abbiamo iniziato a far rimbalzare gli elementi l’uno sull’altro perché la storia interrogasse il mito e il mito tornasse a svelarci la sua potenza primordiale, parlasse all’oggi, ci raccontasse la radice oscura e dolorosa di un atto così potente come la fondazione del più grande impero di sempre. Due gemelli, dunque, l’uomo e il suo doppio. Il fuoco sacro che unisce, ma chiede sacrificio. L’uomo e Dio. Il vaticinio, e quello che ne deriva: sottomissione al destino o libero arbitrio? Romolo ha la capacità di compiere un atto empio, rubare il  fuoco, ma  un  atto che allo stesso tempo riesce a far muovere il Dio dalla sua inesorabile immobilità, portandolo nel mondo, è un atto folle che sposta il potere dalla violenza alla persuasione.

Perché tutto questo si rivelasse con la più grande potenza emotiva, è stato necessario che la narrazione ruotasse su se stessa e assumesse un punto di vista nuovo, quello che più mi interessava, quello dello sconfitto, di Remo, di colui che ama suo fratello più di ogni cosa. Remo è colui che reca il dilemma eterno: è più divino chi si ribella al Dio per difendere l’amore, o il Dio che quell’amore chiede di sacrificarlo?

Il mondo de “Il Primo Re” è un mondo che andava costruito interamente. Ogni decisione presa, ogni scelta fatta, è stata il frutto di un enorme lavoro sia tecnico che su me stesso e sulla mia idea di cinema. Avevo una responsabilità complessa ma anche un gruppo di lavoro straordinario, composto dalle più grandi eccellenze italiane, animate in più da uno straordinario desiderio di mettersi in gioco in questa sfida, per dimostrare una volta ancora che il nostro cinema vive sempre di più dentro una gabbia, una gabbia con sbarre invisibili, che si vedono solo quando tentiamo di aprirle.

Matteo Rovere

 

LA LINGUA

La lingua del Primo Re, il linguaggio che i personaggi parlano, è latino arcaico ricostruito attraverso fonti contemporanee al periodo storico in cui si immagina che Romolo e Remo siano vissuti. Con un gruppo di semiologi dell’Università La Sapienza è stato fatto un lungo studio sul latino fondativo, pre-romano. Un lavoro molto appassionante di costruzione di una lingua che prende le parti di latino arcaico dalle fonti che ci sono pervenute: epigrafi, scritte sulle tombe e su oggetti utilizzati all’epoca.

Non essendoci una stele di Rosetta del latino arcaico, dove mancavano i filamenti, è stato innestato l’indoeuropeo, una lingua di codice, mai realmente parlata in qualche regione ma una sorta di lingua di base dalla quale un po’ tutte quelle del ceppo indoeuropeo si sono dipanate. Un lavoro di ricerca e ricostruzione fonema per fonema. Questo crea una lingua incredibile, estremamente eufonica che ci porta alle radici dell’Europa, come una lingua madre, una lingua della fondazione. Che aiuta lo spettatore a calarsi nella realtà  del film.

 

LOCATION E SCENEGGIATURA

La scelta delle location riveste un ruolo di primaria importanza per la realizzazione di questo film. L’ambientazione naturale è fortemente caratterizzante: paesaggi incontaminati e selvaggi sono lo scenario principale in cui si svolgono le vicende raccontate.

È stata spontanea la scelta di guardare al Lazio come area di ricerca principale, dove storica- mente si è svolta la vicenda. E proprio in questa regione sono state individuate tutte le tipologie di paesaggi in cui si muovono i personaggi del film: zone paludose, greti di fiumi, montagne rocciose, foreste e boschi mediterranei, spiagge, saline, zone termali e sulfuree. Aree  naturali protette che ci riportano a quella tipologia di ambienti incontaminati in cui l’intervento dell’uomo e le costruzioni moderne sono assenti o occultabili.

Il paesaggio non è solo la cornice delle vicende ma è un elemento imprescindibile con cui i personaggi devono confrontarsi, a tal punto da diventare personaggio esso stesso: complice, nemico o divinità a seconda delle circostanze.

Il legame che c’è tra gli ambienti naturali e le popolazioni del tempo, basato sulla necessità terrena della sopravvivenza, è così forte che coinvolge anche tutta la sfera spirituale e  diventa elemento fondante delle religioni pagane dominanti. Anche la mitologia e i simboli chiave della leggenda della nascita di Roma non prescindono dalla natura, siano essi il fuoco sacro di Vesta, il fico ruminale, la lupa o il Tevere, per citare i più noti.

Proprio il fiume e le zone paludose dove esso esonda sono la culla della storia e punto nevralgico in cui essa si articola.

La natura è fonte di cibo e sopravvivenza, rifugio ma anche ostacolo da superare e piegare alle proprie esigenze. Le intemperie si abbattono sui corpi spesso malconci dei protagonisti come nuovi colpi che causano ferite. Lo sporco, la fatica, il fango e il sudore sono onnipresenti.

Per quanto riguarda gli scenari montuosi e boschivi sono stati individuati luoghi di straordinaria bellezza nel parco regionale dei Monti Simbruini (ricchi per altro di  piccole cascate  e laghetti), nel parco dei monti Lucretili, il monte Cavo con la sua via sacra che già nell’VIII secolo a.C. veniva usata per raggiungere il tempio di Giove, il monte Ceraso, nel parco di Veio.

L’Aniene e tutta la riserva naturale annessa ci  riportano a  quello che poteva essere l’aspetto del Tevere al tempo della fondazione della città capitolina. Paesaggi marittimi incontaminati si trovano invece nella riserva di Decima Malafede e del Circeo con la selva di Circe e il lago dei Monaci. Unica, suggestiva e variegata è la Riserva di Tor Caldara, vicino ad Anzio.

L’archeologia è la fonte usata per la ricostruzione dei villaggi e degli edifici presenti nel film. Gli insediamenti urbani precedenti alla fondazione di Roma sono piccoli agglomerati di capanne di fango con tetti di paglia, circondati solo da trincee e montarozzi di terra per difendersi da attacchi improvvisi. Capanne ovali al di  fuori delle quali si  potevano incontrare strumenti e oggetti di un artigianato piuttosto primitivo utili per compiere le attività principali quali la coltivazione del farro e l’allevamento delle pecore.

Città più strutturate, quali Alba Longa, sono poco più che un insieme di abitazioni, questa volta però più solide, in muratura come le mura che le circondano. I luoghi di culto sono separati dalle città e facilmente raggiungibili attraverso le strade esistenti all’epoca. Come la via Sacra che conduce al santuario di Giove Latiaris vicino ad Alba, la Salaria porterà invece al santuario di Vesta, che Romolo farà costruire fuori dalle mura capitoline, accanto alla capanna regia. Templi simili alle strutture abitative dell’epoca, ancora molto diversi da quelli marmorei greci.

 

I COMBATTIMENTI

I nostri personaggi si muovono all’interno di un mondo selvaggio e faticoso. La lotta per la sopravvivenza è dura quanto quella per la conquista del potere. Lo sforzo fisico è costante, lo scontro all’ordine del giorno e  la  devastazione l’attività più praticata: duelli fra  singoli, lotte  o vere e proprie battaglie. Nell’ VIII secolo avanti Cristo le strategie militari delle popolazioni italiche sono ancora poco raffinate, gli scontri sono prevalentemente uno a uno, corpo a corpo, pochi i cavalieri di solito di nobile rango.

Inizialmente la difesa delle comunità era affidata precisamente alle classi più ricche che possedevano un armamento individuale completo, composto sia di armi da difesa che da offesa. Successivamente si rese necessario armare anche le classi meno abbienti, equipaggiate in maniera più povera. Le protezioni erano ridotte: i guerrieri più facoltosi possedevano in genere un elmo di bronzo, una piastra protettiva sul petto e uno scudo, mentre i più poveri solo pellami o protezioni di cuoio, raramente scudi di legno.

L’ascia era sicuramente una delle armi più in voga: non richiedeva nessun particolare addestramento, un’arma di tipo istintivo, quasi un naturale prolungamento del braccio. Gli scontri erano violenti e ravvicinati, le armi da lancio venivano utilizzate più per la caccia che per il combattimento. Prima della fondazione di Roma l’aspetto che avevano i guerrieri è quindi molto lontano dalla classica iconografia romana o greca. Forse più grezzi, sicuramente meno protetti, coperti di pelli e cuoio recuperate dalle prede che cacciavano nelle foreste del Lazio, combattevano in una maniera quasi animalesca, feroce e brutale. I nostri personaggi si muovono nei boschi e combattono istintivamente come branchi di lupi da cui sembrano aver mutuato le tattiche di attacco.

 

LA COLONNA SONORA

Nota del compositore

La colonna sonora de “Il Primo Re” si può dividere in 3 mondi sonori differenti: il mondo scuro e inquietante dell’elettronica, realizzato con dei sintetizzatori analogici degli anni 70/ 80 che ben si fondono alle ambientazioni sonore e a gli effetti; l’universo arcaico delle percussioni, realizzato registrando in un grande auditorium tamburi, lastre e ferri per creare una sonorità astratta che rimandasse alle armi e alla vita degli schiavi; e infine l’orchestra sinfonica per i momenti più ampi ed epici del film. Questi tre mondi sonori si mescolano insieme cercando di creare una tensione emotiva che porta lo spettatore in una realtà immaginaria e tribale.

Per il canto dei bambini nel bosco, non essendoci documentazioni storiche sulla musica di quel periodo, ho pensato di ispirarmi alla musica popolare italiana di tradizione orale, quella tramandata di padre in figlio. La stabilità dei canti popolari, non contaminati nel corso dei secoli, mi ha offerto la possibilità di attingere a un materiale archetipico che assume caratteristiche astratte ed eterne.       

Andrea Farri

  • Regia:Matteo Rovere
  • Titolo originale:Il primo re
  • Distribuzione:01 Distribution
  • Produzione:Groenlandia con Rai Cinema
  • Data di uscita al cinema:31 Gennaio 2019
  • Durata:119'
  • Sceneggiatura:Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere
  • Direzione della fotografia:Daniele Ciprì
  • Montaggio:Gianni Vezzosi
  • Scenografia:Tonino Zera (a.s.c. – usa 829)
  • Costumi:Valentina Taviani
  • Produzione:Alessandro Borghi: Remo
    Alessio Lapice: Romolo
    Fabrizio Rongione: Lars
    Massimiliano Rossi: Tefarie
    Tania Garribba: Satnei
    Lorenzo Gleijeses: Purtnass
    Vincenzo Crea: Elaxantre
    Max Malatesta: Veltur
    Fiorenzo Mattu: Mamercus
    Gabriel Montesi: Adieis
    Antonio Orlando: Erennis
    Vincenzo Pirrotta: Cai
    Michael Schermi: Aranth
    Ludovico Succio: Marce
    Martinus Tocchi: Lubces
    Marina Occhionero: Acca Larenzia
    Nina Fotaras: Ramtha
    Emilio De Marchi: Testa di Lupo
    Luca Elmi: Maccus
CIPS - Cinema e Immagini per la Scuola
Piano nazionale di educazione all'immagine per le scuole promosso dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Istruzione e del Merito
CIPS - Cinema e Immagini per la Scuola è un progetto promosso da: